Nel vuoto di una sagra, ho trovato qualcosa
La settimana scorsa ho organizzato due tornei in occasione della “Sagra della vecchia Mietitura e Trebbiatura antica del grano”.
Con pochissimo preavviso.
Alle 9 del mattino.
In un luogo insolito.
Sotto al sole.
Non è venuto nessuno.
Alcuni avevano impegni di lavoro, altri non volevano rischiare in vista di matrimoni imminenti, altri ancora erano semplicemente diretti altrove.
E poi c’è chi, semplicemente, non aveva voglia di partecipare.
E va bene così.
Anche in assenza di partecipanti, ne ho approfittato per scambiare due chiacchiere con chi c’era e fare qualche riflessione.
Intorno a me vedo una continua rincorsa a fare di più.
Ogni anno si aggiunge qualcosa:
“L’anno scorso abbiamo fatto i panini, quest’anno faremo i panini, le crepes e chiameremo un altro DJ”.
Ogni evento diventa sempre più complesso.
Sempre più costoso, sempre più faticoso.
Tutto per attirare più gente.
Ma mi chiedo: è davvero questa la strada giusta?
La verità è che spesso partecipiamo solo se pensiamo che ci saranno altre persone.
Cerchiamo la folla, la riprova sociale.
Se un evento piace agli altri, piace anche a me.
Se è considerato interessante dagli altri, lo diventa anche per me.
E viceversa.
Mi è capitato di partecipare ad eventi mediocri perché “c’era gente”.
E ad altri bellissimi, ma deserti.
Eppure, quelli affollati non avevano nulla in più, se non la convinzione collettiva che avrebbero avuto successo.
E così è stato.
Il problema è che ora ce ne sono troppi.
Ogni paese organizza qualcosa, spesso negli stessi giorni.
A volte perfino nello stesso paese ci sono più eventi nello stesso giorno.
Le persone si dividono, si stressano, devono scegliere.
E chi organizza si ritrova in trappola: mille locandine da fare, tavoli da spostare, attrezzature da montare, mille dettagli da curare, mille aspettative da soddisfare.
Per cosa?
Per rincorrere una partecipazione che non dipende nemmeno più dalla qualità dell’evento, ma dal percepito.
E si finisce col litigare.
Ci si stanca nel cercare di fare sempre meglio.
Si resta delusi per non aver avuto il riscontro che ci si aspettava.
Le associazioni soffrono.
La gente si stressa.
Chi vince in questa guerra dell’attenzione?
Forse dovremmo fare un passo indietro.
Togliere anziché aggiungere.
Tornare a dare valore ai momenti semplici, autentici.
Dove l’obiettivo non è “fare più numeri dell’anno scorso”, ma dare valore a chi c’è.
Non abbiamo bisogno di un’altra serata con DJ.
Di un’altra sagra.
Di appropriarci di tradizioni che non sono nostre.
Ci basta stare bene insieme.
Perché alla fine, anche in una piazza vuota, possiamo stare bene.
Se abbiamo voglia di viverla.
A venerdì prossimo,
Ivan
CHI SONO
Sono Ivan Colucci e vivo nella Val Fortore, un piccolo territorio posto al confine tra Molise, Puglia e Campania.
Il mio sogno è creare la Fortor Valley, un’ecosistema di persone che scelgono di restare in questa terra perché ne apprezzano il valore e la qualità di vita.
Nel quotidiano, aiuto aziende e professionisti del territorio a digitalizzarsi e crescere sfruttando la tecnologia.